PLACES NEVER ARE PLACES EXHIBITION

MARCELLA LUZZARA

PLACES NEVER ARE PLACES

 

Trasformare il Torrazzo gonzaghesco di Commessaggio in un nonluogo,
privarlo del suo valore identitario, storico, cinquecentesco,

grazie all’operazione artistica.

 

Varcata la soglia del suo involucro, introdursi in uno spazio neutro, impersonale,
passibile di una destrutturazione che prende le fattezze di un altro nonluogo,
l’installazione di Damiano Paroni.

Rispetto a Vanitas, un’opera così aerea, seppur posata a terra, così in bilico, come la sedia

da cui il tappeto di origami sembrava originarsi o dirigersi irrimediabilmente,

un’opera soggetta a movimenti, interventi, imprevisti, l’altalena che Paroni ha installato nel torrione

è di una solidità inquietante. Bloccata e irraggiungibile così da frustrare qualsiasi intenzione ludica,

in apparenza geometricamente perfetta come opera ingegneresca, ma decontestualizzata,

collocata al chiuso, dipinta di un noncolore, tanto da diventare potente segno

che si accampa nello spazio. Figura totemica di un’infanzia lontana, metafora di un mondo

in cui il gioco non è più pensabile se non entro schemi precisi e calcolati, oseremmo dire guidati

e manipolati, al punto da diventare meta esibita ma inattingibile, se non attraverso la mediazione

di un deus ex machina che di fatto non si manifesta.

O è piuttosto l’artista, che dà vita a un feticcio, una macchina inutile che dialoga con lo spazio

in cui è inserita attraverso gli schizzi appesi alle pareti, rivelando molteplici punti di vista,

in un’operazione di analitico rispecchiamento nutrita di sfasature e vincoli spaesanti.

Tutta l’installazione di Paroni si configura come una pittura volumetrica,

pensata per essere abitata dall’inquietudine del fruitore, dalla tensione della sua fisicità.

 

Percorrendo la scala elicoidale del Torrazzo, il tema della percezione degli spazi

e quello della proiezione del nostro immaginario assumono un aspetto antinomico,
immateriale ma parimenti disturbante.

Attraverso l’uso di ventilatori olografici, Gianluca Ferrari ci pone di fronte all’apparizione di volti
che lui stesso definisce Ghostfaces, volti fantasma, identità ricostruite
attraverso la perfetta padronanza del medium tecnologico.

Rispetto agli schermi visivi di Legacy, la differenza è sostanziale: in quel caso i volti erano reali

ma non veramente leggibili negli organi di senso, apparendo come individui con una parvenza di identità.

In questo caso i volti sono parzialmente identificabili ma decomposti, sono fantasmi tecnologici

di persone irrecuperabili nella loro dimensione umana e concreta.

È un passo in più rispetto a un’umanità che non solo non si guarda e non dialoga, è spersonalizzata,

ma si sta trasmutando nel proprio doppio tecnologico. Un doppio che però è imperfetto,

mostrando tutte le falle del sistema.

Sembra di incontrare i residui di una lontanissima civiltà perduta, futuribile ma già passata.

Il tutto è ottenuto attraverso il ritmo, la luce, i suoni, in un processo di discontinuità dinamica.

Lo spettatore diventa parte integrante dell’opera, emotivamente coinvolto in una riflessione

sul rapporto fra identità e realtà.

 

Una realtà di fatto inafferrabile, che nega il concetto di possesso, per secoli intrinsecamente

connesso all’opera d’arte. Un aspetto che riappare nell’opera di Giorgio Tentolini,

insieme a quello della scoperta, dello studio, dell’unicità del pezzo.

Entrando nell’ambiente più connotato del torrione nelle sue linee architettoniche,

ritroviamo a terra delle forme geometricamente primarie, col loro invito alla sacralizzazione dello spazio.

Le otto Veneri disposte in cerchio costruiscono una sorta di naòs, un recinto sacro che va avvicinato

con circospezione. Restiamo avvinti nelle maglie della loro bellezza ideale, che si lascia osservare,

che si esibisce da ogni punto di vista, che costruisce una danza intessuta di forza e di perfezione.

Mentre scegliamo quale sfaccettatura di quel mito eterno ci si attaglia di più, lentamente ci si palesa

il fulcro archetipico della composizione, la Venere Italica di Antonio Canova, una scultura tridimensionale

da cui promanano le altre otto bidimensionali. Il tutto costituisce una sorta di tautologia,

perché la rete metallica di cui è stratificata la figura centrale è la medesima con cui sono costruite

le sue otto rappresentazioni, fascinose e imponenti emanazioni. La bellezza ideale e antica

continua a parlare di se stessa, della sua inafferrabilità, del suo languore, come ci dice

il titolo dell’installazione, Venus resonance, ma lo fa in chiave del tutto contemporanea,

attraverso un materiale non nobile, lavorato con straordinaria perizia e sensibilità dall’artista.

Tentolini è ben consapevole di giocare ancora una volta con gli inganni della percezione,

costruendo opere che vanno avvicinate e allontanate, colte nell’armonia dell’insieme

e nella rigidezza del dettaglio. Opere di elegante astrazione e di pungente matericità,

che sottendono un chiaro riferimento alla gabbia dei canoni estetici

e della costante interconnesione in cui viviamo.

 

Marcella Luzzara

 

 

BIOGRAFIA

 

Ha una formazione umanistica e una laurea in storia dell’arte, un diploma di archivistica,

paleografia e diplomatica, un grande attaccamento ai propri luoghi d’origine e di studio,

Commessaggio, Mantova, Parma.

 

Dal 2002 esercita con passione la professione di guida turistica, in collaborazione

con associazioni e istituzioni del territorio.

Ha partecipato a pubblicazioni, tenuto conferenze, collaborato a progetti didattici,

realizzato itinerari turistici e culturali, supportato numerose troupe televisive, giornalisti e blogger.

 

Nel 2014, insieme ad altri volontari, ha fondato l’Associazione Culturale “Il Torrazzo” di Commessaggio (MN), finalizzata alla custodia, gestione e valorizzazione del manufatto architettonico gonzaghesco

e delle sue dotazioni tecnologiche, a seguito degli interventi realizzati nell’edificio

col contributo di Fondazione Cariplo, nell’ambito del D.C. Le Regge dei Gonzaga.

 

Nell’arco di un decennio, il Torrazzo e il suo intorno hanno accolto e fatto da cornice

a numerosissime esposizioni artistiche, conferenze e presentazioni di libri, cene sotto le stelle,

spettacoli di videomapping, fiere del libro, visite guidate tematiche,
anche in collaborazione con Festivaletteratura.

 

Photo: Daniele Rebecchi.

MARCELLA LUZZARA CURATOR

Photo: Gigi Bonfatti Sabbioni.

PLACES NEVER ARE PLACES