Gianluca Ferrari sembra che riparta laddove
si ferma Bruce Nauman che però crede ancora,
con la sua generazione, che la volontà performativa
sia ancora essenziale a dare comunicazione
alla parola.
Ma laddove l’americano vede ancora l’essenzialità dell’individuo e del se, proiettato in senso autoreferente, Ferrari cerca una forma di sdoppiamento perché
la sua esigenza possiede una forma di razionalità
a cui l’immagine collabora, ma che non può esaurire.
Nel moltiplicarsi l'artista va ad incontrare
le proprietà analitiche del linguaggio, la ratio
che fortemente lega le parole alle cose.
Per questo il silenzio risulta una forma di amplificazione
del linguaggio verbale che viene a mancare
di ogni sua occorrenza fonetica.
Gianluca Ferrari, che è tra gli artisti più maturi
e analitici tra gli artisti della sua generazione,
avverte l’esigenza di porsi dentro l’opera
che egli stesso crea perché il punto di partenza
è la conseguenza della sua decisione esistenziale
di porre il problema del tempo, del suo trascorrere
o del suo apparente permanere,
al centro di una riflessione artistica.
Nello stesso tempo non rinuncia al coinvolgimento
totale dello spettatore e anzi punta
ad un suo coinvolgimento proprio attraverso
il legame della parola scritta
e della partecipazione concettuale
ancorché emotiva.
La sua è un’arte che non vuole spettacolarizzare
il messaggio, ma vuole rimanere al di qua
della soglia dell’aggressione visiva, cercando piuttosto
di predisporre dei meccanismi di partecipazione
e di coinvolgimento.
La stessa progettualità va di pari passo
con la disciplina espositiva, con la qualità
e accuratezza di una messa in scena
che è preparazione al discorso e non risoluzione
e assorbimento mediatico dei contenuti.
Valerio Dehò
EXHIBITIONOW MULTIMEDIA ART PROJECTS - 2004 / 2025.
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